mercoledì 8 ottobre 2014

L'AUTUNNO DEI POETI E DEI PITTORI: Riflessioni di Valerio P. Cremolini

Sala Culturale CarGià - Promozione Arte e Cultura 2014
Sezione Eventi Artistici e Culturali


Ospitiamo con piacere l’intervento di Valerio P. Cremolini, intitolato L’autunno dei poeti e dei pittori, svolto all’inaugurazione della collettiva Impressioni d’autunno, visitabile sino al 23 ottobre p.v. nella sede del Circolo culturale “A.Del Santo” (via don Minzoni, 62 ).
La collettiva comprende dipinti e sculture di Rosella Balsano,Guido Barbagli, Debora Bellante, Luigina Bo, Antonella Boracchia, Ferdinando Brogi, Ezia Di Capua, Umberta Forti, Pina Gentile, Neddi Gianrossi, Anna Maria Giarrizzo, Gloria Giuliano, Enrico Imberciadori, Mario Maddaluno, Marisa Marino, Nina Meloni, Fabrizio Mismas, Pierluigi Morelli,Graziella Mori, Franco Ortis, Maria Pia Pasquali, Marina Passaro, Maria Luisa Petri, Mirella Raggi, Rosa Maria Santarelli, Giovanni  Santernetti, Maria Rosa Taliercio e Carlo Vignale.

Gustave Courbet
Il bosco in autunno 1841
Personalmente non saprei dire quale delle quattro stagioni sia la mia preferita. Tutte mi suggeriscono pensieri spontanei. Senza dimenticare che anch’esse sono contagiate da una sorta di pazzia in quanto certe giornate invernali sembrano primaverili, giornate autunnali sembrano estive o invernali. Ovviamente tale situazione è reciproca. Gli esempi che riguardano la loro assidua variabilità sono numerosi e rientrano nell’ambito del mutamento climatico che investe la Terra. Per taluni, poi, il cambiamento delle stagioni causa effetti fisiologici, talvolta non trascurabili. Più semplicisticamente sembra che le stagioni amino emularsi l’una con l’altra ed allora non ci si raccapezza più.
Devo dire sull’autunno. I suoi colori compongono una tavolozza davvero speciale. All’autunno sono riferiti cieli tersi, così sono l’aurora ed il crepuscolo, ma anche grigi. Inoltre la natura incanta. Quante volte abbiamo raccolto manciate di foglie di svariate dimensioni e forme rimanendo stupiti dalla pacatezza delle sfumature del giallo, del rosso, del verde, ecc. L’animo romantico di poeti, pittori e musicisti ha accolto tale visione come momenti di profondo esame interiore e di spinta alla creatività, feconda e stimolante. Poi, l’equilibrio che si riconosce all’autunno dovrebbe coinvolgere positivamente noi tutti.
È comune evocare nell’autunno una metafora della vita, in cui la giovinezza svanisce e ci si avvicina in un tempo realisticamente invernale: quello della vecchiaia. Scrive però il cardinale Gianfranco Ravasi che “come per l'autunno, ci sono segni di fascino e di bellezza anche in questa fase dell'esistenza c'è una lezione di vita da offrire. È ridicolo – ammonisce - tentare di vestirci come la primavera, ossia imitando i giovani, oppure ritenendo di essere in piena estate, come se si fosse gli adulti maturi ed efficienti di ieri. Bisogna, invece, essere se stessi, capaci di riflessione e di quiete, pronti ad accogliere e a vivere questa stagione tenue e delicata”. (Avvenire, 22/09/2005). Non parlerò in quanto non ne posseggo la competenza adeguata sul concerto in Fa maggiore per violino, archi e clavicembalo dedicato da Antonio Vivaldi (1678-1741) all’Autunno e compreso nelle  Quattro stagioni. L’amico scultore Fabrizio Mismas, qui presente, potrebbe intrattenerci lungamente sul festoso allegro iniziale, che evoca, tra l’altro, il gioviale rito della vendemmia, celebrato da non pochi poeti.
È dell’autunno dei poeti, di alcuni poeti, a cui intendo riferirmi, richiamando subito il clima sereno che avvolge la vita normale di San Martino, ameno e profumato quadretto di Giosuè Carducci (1835-1907), ma anche appropriata sintesi delle varie età della persona: l’infanzia, la giovinezza, la maturità “autunnale” e, infine, il “vespero migrar” verso la fine della vita.
Non diversamente Salvatore Quasimodo (1901-1968) invita alla riflessione interiore, molto consueta nei poeti, nella brevità della lirica Già la pioggia è con noi, sostando sul tempo,  che passa inesorabilmente (“Ancora un anno è bruciato”). Così Paul Verlaine (1844-1896), esponente della  corrente decadente-simbolista trasferisce in Violini d’autunno la tristezza del suo cuore nel simbolo della foglia morta, trascinata dal vento “di qua e di là”. Anni prima Giacomo Leopardi (1798-1837) coglie la medesima fragilità nella poesia La foglia morta (“Seco perpetuamente/vo pellegrina e tutto l'altro ignoro”.) e con lei quella dell’intera umanità, travolta dal corso ineluttabile della natura. Quello leopardiano è un autunno silenzioso dai contorni angoscianti. Di tutt’altro respiro è la sensazione della foglia che propone la poetessa Ada Negri (1870-1945), che ai miei tempi s’incontrava già nelle scuole elementari, in Pensiero d’autunno. Le foglie “Tremano, sì, ma non di pena: è tanto/limpido il sole, e dolce il distaccarsi/dal ramo, per congiungersi alla terra”.
Il paesaggio autunnale, paesaggio dell’anima, non è turbato, nemmeno dall’inevitabile distacco dalla vita, tanto che Ada Negri paragona l’agonia ad una “mite aurora”,  che ci condurrà ad abbracciare l’amore di Dio. Anche Giuseppe Ungaretti (1888-1970) recupera in Soldati la precarietà della foglia, sbattuta dal vento autunnale, che muore, analogamente al soldato colpito a morte. (“Si sta come/ d'autunno/sugli alberi/le foglie”).
Termino la parentesi poetica sull’autunno, consapevole di averla soltanto frettolosamente sfiorata, con le poesie Autunno e Ottobre di Vincenzo Cardarelli (1887-1959), intrise di tenerezza e di malinconia. L’autunno è anticipato nel “vento d’agosto”, nelle “piogge di settembre” e da “un sole smarrito”. Scrive, ancora, Cardarelli che “Niente più mi somiglia,/nulla più mi consola,/di quest'aria che odora/di mosto e di vino,/di questo vecchio sole ottobrino/che splende sulle vigne saccheggiate”. Boris Pasternak (1890-1960), invece, si sofferma ad ammirare il Bosco d’autunno, titolo di una sua poesia, dominato da “buio, sogno e quiete”. Le stagioni passano, l’autunno anticipa l’inverno e così si rinnova il dualismo “maturità-vecchiaia” pertinente a ciascuno di noi.
Ed eccomi, rapidamente, all’autunno nella pittura, non meno affollata di superbe testimonianze di illustri artisti. Tanto numerose che non sarebbe sufficiente una sola conferenza per mostrare e commentare le decine di tele, che trasferiscono compiutamente la sensazione del tempo autunnale.
Sono compatibili con le condizioni climatiche della citata  stagione i magnifici e suggestivi studi di Joseph Turner (1775-1852)  e John Constable (1776-1837), che in Pioggia, vapore e velocità (1844) e Nuvole (1822), danno visibilità dei fenomeni naturali, evidenziandone la grandiosità in confronto alla limitatezza dell’uomo.
Penso anche a L’Angelus (1857) di Jean-François Millet (1814-1875), mesta veduta della campagna con al centro due contadini in religioso raccoglimento. Ma, andando indietro nel tempo, incuriosisce non poco  L’Autunno (1573) di Giuseppe Arcimboldo (1526-1593), singolare melange di pere, mele, fichi, melagrana, uva, zucca, grano e ricci di castagna. Non molti anni dopo il genovese Domenico Piola (1627-1703), più volte presente nella provincia spezzina, affresca nel 1687-88 le stagioni nella sale di Palazzo Rosso a Genova e nell’Autunno del pittore è protagonista Bacco, dio del vino, affiancato dalla sposa Ariana.
La mia carrellata accoglie Gustave Courbet (1819-1877) con Il bosco in autunno (1841), dipinto ricco di vegetazione, di alberi e delle consuete foglie rossicce; l’impressionista Alfred Sisley (1839-1899) con Autunno-La Senna presso Bougival (1873), luminosa e riposante veduta autunnale, che si staglia nel cielo pulito; il  suo collega Claude Monet (1840-1926), che dipinge, tra l’altro, Autunno in Argenteuil (1873), amena località dove lavorava con Édouard Manet (1832-1883) e Auguste Renoir (1841-1919). Monet ci fa respirare aria autunnale nell’esuberante cromatismo della tela Il sentiero delle rose. Giardino di Giverny (1920-22), piccolo paese sulla riva della Senna, dove abitò e morì, e con I pioppi (1891), tema  più volte raffigurato tra luce soffusa e foschia autunnale; Paul Gauguin (1848-1903) con la Donna bretone con una brocca, ideale tavolozza autunnale che documenta un anno, il 1888, che censisce i duri contrasti con l’amico Van Gogh. Tre anni dopo Gauguin partirà per Tahiti.
Vincent Van Gogh (1853-1890), che per vari motivi convive spesso con l’uggiosità tipica di molte giornate autunnali, nella tela  Paesaggio d’autunno (1885) trasferisce l’atmosfera della stagione tramite verdi, gialli, grigi e un azzurro incontaminato con cui celebra l’infinità del cielo, mentre una figura sembra spegnersi in lontananza. L’analogo cielo rabbuiato  incombe nella veduta tipicamente autunnale di Giuseppe de Nittis (1846-1884), impressionista barlettano in quel di Parigi, La traversata dell’Appennino (1867), riferimento tangibile della tela di Telemaco Signorini (1835-1901), intitolata  Novembre (1870), che il pittore macchiaiolo incornicia in una giornata piovosa dalla luce fosca. Non sfugge l’accentuazione intimistica appartenente anche all’esperienza pittorica di Antonio Fontanesi (1818-1882), che in  vari dipinti, tra cui Radura (1860-65), interpreta non senza un tocco poetico, la vena malinconica, solitamente associata all’autunno.
È, invece,  inimitabile la raffinatezza che  si incontra nell’opera del cecoslovacco Alphonse Mucha (1860-1939), illustre esponente dell’Art Nouveau. Il suo Autunno (1896) è rappresentato da una elegante figura femminile, che indossa una leggera veste ed è contornata da viti e grappoli d’uva.
Prima ancora dell’esuberante stagione astratta Vassily Kandinskij (1866-1944)  è interessato alla pittura di paesaggio. Ne sono esempi Autunno in Baviera (1908 ) dal marcato impianto fauve e Fiume d’autunno. In entrambi non manca il tipico colore rosseggiante, che nel provocatorio Egon Schiele (1890-1918) diventa una reale metafora della vita. “Spesso piangevo – scrive il pittore austriaco – quand’era autunno con occhi semichiusi”. Il suo Albero d’autunno (1912) si propone come simbolo dell’avventura della vita. Il vento si abbatte sui fragili rami di un albero dal tronco esile. Come molte persone si sente abbandonato. Ecco perché Schiele piangeva.
Molti anni dopo approderà oltre la lezione astratta di Kandinskij il pittore americano Cy Twombly  (1928-2011), assiduo frequentatore di Roma dove morirà, che con i suoi dinamici e colorati grovigli, ritmati musicalmente interpreta le Quattro stagioni, incluso l’Autunno” (1993-95.)
Non passano certamente inosservati dipinti di validissimi pittori italiani del Novecento. Penso al lombardo Arturo Tosi (1871-1956) che in Campagna autunnale (1923), ma non solo,  esprime sentimenti non vagamente nostalgici; a Carlo Carrà (1881-1966), con alle spalle il periodo futurista  e l’esperienza metafisica che dipinge tele emotivamente ricche. Così è Autunno in Toscana (1927) ed ancora di più Il barcaiolo (1930), straordinario dialogo muto fra una persona e la sua barca.
La temperatura meditativa a appartiene, eccome,  alle Periferie e ai Paesaggi urbani di Mario Sironi (1885-1961), avvolti nel silenzio e, soprattutto, in un’inquietudine che ha il sapore dell’autunno, non differentemente dalle dimesse vedute fiorentine di Ottone Rosai (1895-1957) e dallo splendido dipinto di Felice Casorati (1886-1963), intitolato L’attesa. La donna assopita, forse stanca, la tavola coperta dalla tovaglia bianca su cui sono disposte alcune ciotole, una bottiglia e un brico fissano l’idea del silenzio, proprio dell’autunno. Un emozionante immobilismo è impresso nella magnifica tela.
Accosto, infine, all’autunno non pochi Paesaggi e Nature morte del pittore Giorgio Morandi (1890-1964). Pochi, sceltissimi colori esprimono la sensazione di una calma che si traduce in abbandono esistenziale.

                                                                                                                    Valerio P. Cremolini
                                                                         

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