mercoledì 29 ottobre 2014

ARTICOLO 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA : INSTALLAZIONE di EZIA DI CAPUA RECENSIONE a cura di Donatella Zanello

Sala Culturale CarGià - Promozione Arte e Cultura 2014
Sezione - Recensioni


“L’Italia è una Repubblica democratica  fondata sul lavoro.”(Art. 1 Costituzione della Repubblica Italiana)

ART. 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
INSTALLAZIONE DI EZIA DI CAPUA - particolare
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L’artista Ezia Di Capua si interroga sull’enunciato del Primo Articolo della Legge fondamentale dello Stato Italiano, la Costituzione. Lo fa esprimendosi in qualità di grafica, scultrice, pittrice, attraverso un’opera – installazione intensissima e dolorosa, recante attraverso l’uso di materiali poveri, quali ferro e legno, un potente messaggio di riflessione sul tema sociale del lavoro quale caratteristica essenziale dell’uomo. Molteplici sono le suggestioni e gli spunti di riflessione che questa opera contiene e sprigiona nella sua essenzialità e profondità concettuale. Il contenuto del Primo Articolo ha ispirato quest’opera – spiega Ezia, con la sua voce musicale – nel suo significato politico, polemico, provocatorio, dolente, volto a risvegliare attraverso un forte afflato emotivo la coscienza collettiva nei confronti delle numerose problematiche sociali legate al lavoro. L’opera è un inno al lavoro ma al tempo stesso è un grido di protesta e di denuncia, attraverso la maschera tragica, mutuata dall’antichità classica greco-romana, che campeggia al centro, a ricordare proprio l’assenza del lavoro,la disperazione che scaturisce dalla perdita dello stesso, l’enorme difficoltà dei giovani di inserirsi in una società sempre più competitiva e governata da meccanismi spietati legati al profitto. L’artista ha progettato e costruito una scultura legando tra loro, con varie tecniche,  utensili da lavoro appartenuti al nonno materno ed al nonno paterno. La maschera tragica è in creta cruda ed è stata plasmata dall’artista in una smorfia di dolore, che colpisce l’immaginario e scava nella coscienza collettiva per ricordare, senza fraintendimenti, con il massimo della forza espressiva, il dolore di chi non trova lavoro o di chi lo ha perduto e si trova defraudato della propria dignità umana, emarginato ed impotente al punto di cercare la morte attraverso il suicidio. Ugualmente si vogliono ricordare così le tante morti sul lavoro a causa di infortuni e tutti gli aspetti negativi e tragici che sono connessi al lavoro umano nelle diverse società a tutti i livelli. A testimoniare la tragicità dello sfruttamento ed i rischi anche mortali connessi al lavoro, che da sempre è una parte non solo rilevante ma anche totalizzante della vita umana, nel cavo orale della maschera è posto un centesimo di euro. Questo riferimento testimonia simbolicamente il fattore economico del lavoro, allude al passaggio storico alla moneta euro ed alla crisi attuale che investe la società internazionale, in modo tale che la retribuzione lavorativa diventa sempre più  inadeguata  a garantire la dignità dei lavoratori con una retribuzione commisurata allo svolgimento dell’attività lavorativa.
ART. 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
INSTALLAZIONE DI EZIA DI CAPUA - particolare
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Un utensile appare conficcato nell’occhio destro della maschera ad accentuare l’aspetto tragico e dolente, drammatico e ieratico dell’installazione. Al di sotto della maschera il supporto è sovrastato e percorso da fili tesi di reti da pesca a formare una cetra, simbolo del teatro antico in ambiente classico mediterraneo, forma culturale che si pone alle origini della civiltà europea. Tra gli utensili magicamente sospesi da terra nell’installazione  si nota una morsa, strumento legato all’attività della classe operaia ed alla meccanica industriale. Una pesante catena usata per ormeggiare le barche all’ancora è parte integrante dell’installazione, unitamente ad un grande compasso da tracciatore, posizionato alla base del supporto in legno ma anch’esso sospeso da terra, in una dimensione simbolica, metafisica e subliminale. Ora, proprio il compasso avvolge di ulteriore mistero l’opera già di per sé estremamente densa di simboli, suggerendo un riferimento alla massoneria, che proprio nel mondo del lavoro trova antiche radici ed irrisolti enigmi. Il compasso – spiega l’artista – è un compasso da “tracciatore”, figura professionale di operaio specializzato nella progettazione e tracciatura delle sagome nell’industria nautica. Il tracciatore è colui che “legge” ed interpreta un disegno riportandolo su  ampie superfici , supporti di grandi dimensioni, sui quali viene “tagliata” la lamiera che costituisce componente essenziale della cantieristica. Nella famiglia di Ezia Di Capua ci sono stati molti tracciatori e l’utensile è retaggio di questa attività lavorativa legata ad una tradizione tutta italiana della marineria, delle attività armatoriali  e della cantieristica navale.
Andiamo ad esaminare ora la superficie del supporto in legno non nobile e precisamente il disegno o meglio i disegni tracciati nel supporto stesso, che costituisce la parte più interna dell’installazione.
Ezia racconta che questa è la parte dell’opera che più le assomiglia.
ART. 1 COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
INSTALLAZIONE DI EZIA DI CAPUA - particolare
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I disegni sono tracciati con matita e colore bianco di sanguigna e rappresentano una meridiana, un orologio ed uno strumento musicale, simboli legati al Tempo, che è variabile fondamentale del lavoro dell’uomo ed alla musica, attività di lavoro artistico alla quale Ezia Di Capua è profondamente legata, forse proprio per la passione, lo spirito di sacrificio  e la disciplina totalizzante che la composizione e l’esecuzione della musica comportano e che l’artista ben conosce e comprende. Troviamo evidenziata la scritta “Articolo 1”,  titolo dell’opera, posto esattamente al centro dell’installazione, idealmente. Il titolo è evidenziato a caratteri nobili e cubitali. Accanto è raffigurata una chiave inglese con ingranaggi che richiamano la catena di montaggio, elemento fondamentale nell’evoluzione dell’attività industriale. Accanto, i numeri romani IX  e XX richiamano il nostro secolo, l’epoca ed il tempo in cui viviamo.
Segue la firma stilizzata, con le sole iniziali EDC, dell’artista, che in questo modo si pone al centro dell’opera assumendone tutta la responsabilità, con assoluta correttezza espressiva di autrice, sia a livello concettuale che materiale, comunicando la propria umanità nella volontà di dialogo e di rappresentazione filosofica e simbolica del proprio pensiero. La formica raffigurata è simbolo delle forme di lavoro connesso al mantenimento della vita presenti nel mondo naturale ed animale, laddove il lavoro dell’uomo si diversifica da queste per la sua straordinaria complessità, ponendolo al centro del mondo naturale come “misura di tutte le cose” , secondo il concetto rinascimentale.
Il numero 13 rappresentato altro non è se non il magico simbolo della Fortuna, che determina tutte le attività umane e soprattutto quella lavorativa. Il 13 è il numero fortunato e se la ruota della Fortuna non gira nel modo giusto l’attività lavorativa, pur connotata dal sacrificio, non potrà decollare. Spesso invece chi è favorito dalla dea bendata ottiene facilmente successo e ricchezza e raggiunge il massimo risultato con il minimo sforzo, salvo poi vedere rovesciate le proprie sorti per un capriccio del Destino, che ora è favorevole, ora si mostra avverso al lavoro dell’uomo. Il numero 13 è uno dei simboli più potenti e suggestivi dell’opera, con il suo riferimento all’”alterna onnipotenza delle umane sorti”, nella storia dell’umanità e nell’esistenza degli individui, laddove il Destino o Fato è veramente padrone assoluto del Tempo, di ogni Tempo umano, che scorre come sabbia nella clessidra. Ezia mi fa notare che tutti i materiali che compongono l’installazione sono a rischio di deterioramento futuro. Questa caratteristica risponde ad una precisa volontà dell’artista ed ha una forte valenza simbolica e poetica, poiché anche quest’opera, come tutte le opere ed attività umane, è destinata a scomparire nel tempo, anche se opportune forme di conservazione potrebbero rallentarne la distruzione. In questo destino di disfacimento vi è forse il germe di un riferimento filosofico al nichilismo o comunque ad un sentimento dell’inutilità angosciante della fatica umana. Tuttavia il nichilismo è soltanto un elemento marginale, in questo caso, poiché il fortissimo manifestarsi dell’opera, con tutte le sue caratteristiche di denuncia, di protesta e di provocazione intellettuale, si evolve in senso contrario, cioè nella direzione della volontà di risvegliare la coscienza collettiva. L’opera manifesta per contrapposizione una spinta vitalistica al rinnovamento ed al miglioramento dell’organizzazione sociale del lavoro, nel recupero della memoria storica delle attività lavorative del passato e della tradizione, nella speranza che si creino nuove opportunità di lavoro e di occupazione, in primo luogo nella coscienza dei singoli. L’opera non è dunque ciò che sembra. Forse come ogni opera d’arte non è ciò che appare ma ciò che significa e ciò che vuole ottenere. Come ogni opera d’Arte, è in primo luogo la rappresentazione di un’Idea.
Non è soltanto una Maschera di Dolore ma un invito alla speranza, un rifiuto del male, una ribellione vitalistica. Infatti il disegno della Sfera, simbolo del Pianeta Terra e del moto universale delle galassie, elemento geometrico già caro a questa autrice nelle opere pittoriche precedenti, è espressione dell’alchimia segreta del movimento universale delle stelle e dei pianeti, movimento circolare, ciclico, eterno, simbolo infallibile di tendenza alla perfezione. Questa tendenza alla perfezione è un elemento portante  del lavoro e soprattutto del lavoro artistico. E’ una caratteristica inconfondibile delle attività dell’uomo, essere imperfetto che tende al miglioramento, alla trasformazione, al rinnovamento. Infine è rappresentato il numero 1,618. Questo è il magico numero attraverso il quale in matematica ed in geometria vengono realizzate le spirali. E’ il numero usato da Leonardo da Vinci nei suoi progetti architettonici. E’ il numero dell’Equilibrio statico in Architettura. E’ usato anche nel disegno ed è fondamento delle arti visive, utilizzato frequentemente in architettura ed in ingegneria.
Troviamo inoltre rappresentato un orologio rotto, spezzato in vari punti. Questo simbolo naturalmente indica il Tempo, come variabile fondamentale del lavoro umano. Il lavoro si basa sul tempo ma divora il tempo della vita umana, pertanto occorre cercare attraverso varie forme di equilibrio e di tutela dei diritti dei lavoratori di rivendicare e restituire il biblico “tempo per ogni cosa” che è indispensabile alla libertà ed alla dignità umana. L’annullamento della dignità umana attraverso orari disumani di lavoro e tutte le forme di vessazione e sopraffazione, che purtroppo caratterizzano l’organizzazione del lavoro nelle società, hanno tolto al lavoro stesso la sua caratteristica più importante: l’essere una piena espressione dell’uomo. Il lavoro è espressione dell’uomo e l’uomo non deve essere merce, non deve essere strumento del lavoro ma ne deve essere l’artefice, il protagonista, il creatore. L’uomo deve realizzarsi attraverso il lavoro, deve vivere attraverso il lavoro, non ne deve morire ma ne deve vivere pienamente. Il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro. Il lavoro è strumento dell’uomo, non il contrario. Questo è il potente messaggio dell’opera, espresso attraverso un movimento catartico ed assiomatico, una Negazione che provoca una Affermazione.. Tutta l’installazione appare protesa in uno slancio verso l’alto, tesa a liberarsi dalle catene della sofferenza che la tengono ancorata alla terra. Occorre ben guardare e saper vedere oltre ed attraverso quest’opera, per comprendere che il Lavoro dell’uomo altro non è se non  questa fatica, per liberarsi dai vincoli del dolore e della morte, spettri che incombono ovunque. Altro elemento dell’Ombra è il Denaro, legato indissolubilmente ai meccanismi del lavoro e dell’economia. Il lavoro umano può definirsi come equazione di Tempo – Denaro – Vita umana. Nello slancio metafisico verso l’alto si comprende che la libertà assoluta si conquista soltanto attraverso il sacrificio. Esiste una scrittura dell’ombra che si posa sull’installazione e sui disegni all’interno. La realizzazione dell’installazione ha richiesto diversi mesi, realizzare questa ispirazione – dice Ezia – non è stato facile, non è stato immediato, si è reso necessario ricercare la proiezione giusta di ombra e luce, i materiali significativi, progettare in ogni dettaglio lo slancio verso l’alto ed il posizionamento dei singoli elementi per formare l’equilibrio geometrico dell’installazione.
Dalla mente alla realtà. In questo percorso è stata usata molta perizia, per creare una efficacissima rappresentazione artistica del lavoro umano e delle problematiche sociali, filosofiche, storiche, giuridiche, economiche, culturali, religiose e concettuali ad esso indissolubilmente legate.
In questo senso possiamo a pieno titolo parlare di capolavoro, per il  percorso artistico di Ezia Di Capua, laddove l’arte è la piena rappresentazione di un’idea, da ispirazione si trasforma in rappresentazione, entrando nel giro delle cose e nel corso del Tempo, manifestando così la propria funzione catartica. Autentica passione ed empatia, amore per l’umanità ferita e disperata, hanno prodotto quest’opera artistica, di non facile comprensione, di non facile realizzazione, opera che nasce nell’ombra e nel dolore  e si spinge misteriosamente ed inesorabilmente verso la luce.

                                                                                                                   Donatella Zanello

Donatella Zanello, autrice di poesia, narrativa e saggistica. Vive ed opera a La Spezia. Laureata in Lettere all’Università degli Studi di Pisa, vincitrice di numerosi riconoscimenti, presente in molte antologie e siti letterari, membro di giuria di premi di poesia, autrice di prefazioni e recensioni, ha pubblicato otto raccolte di poesia: “Polvere di primavera”, “La donna di pietra”, “La sognatrice”, “Passiflora”, “Il tempo immutabile”, “Poesie provenzali”, “Labirinti”, “Il colore del mare”. Il paesaggio ligure e mediterraneo, la ricerca spirituale come unico vero significato dell’esistenza sono fonti costanti di ispirazione della sua vasta produzione poetica.


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