lunedì 3 giugno 2013

MARCO POGGI: " FRAMMENTI " - presentazione a cura di Matteo Boriassi


Le prime esperienze pittoriche di Marco Poggi avvengono nel campo del ritratto; è nella qualità di questi sguardi
principalmente femminili, capaci di proiettare oltre il quadro sfumature di un duro e allo stesso tempo delicato erotismo, che si intravedono i germogli di un percorso che si articolerà attraverso vari momenti e tematiche figurative.
Già da queste prime opere è infatti facile evincere come il disegno sia cifra di partenza ed elemento chiave nella sua visione di concepire il quadro; la tela espone la sua cruda superficie accogliendo il colore, offrendosi quale campo dove quest'ultimo, attraverso il disegno, ne contorna le sezioni, espletando così una dicotomica e paritetica contrapposizione dei due elementi.
La chiarezza del disegno e la scelta figurativa non sono però da cogliere come spia di una direzione intrapresa verso un approccio ammiccante, verso una facilità che possa incontrare con maggiore semplicità i favori e i gusti del pubblico; il disegno chiaro, marcato, distinto, è anzi l'opposto, è il mezzo perché non si crei nessuna ambiguità della percezione, nessuna possibilità di sfumato fraintendimento, nulla di impastato e confuso. Infatti, questo distacco in controtendenza con un recipiente creativo che ha attraversato tutto il precedente secolo ed è giunto a contrarsi nell'astrazione e a riverberarsi in varie declinazioni ancora oggi efficacemente attuali, è necessario proprio perché la ricerca di realismo, attraverso la volontà di una chiara proposta figurativa, sia la più netta e distinguibile possibile. E soprattutto lo sia di conseguenza la tematica così veicolata, una tematica che risulti, come detto, tutt'altro che ammiccante, ma anzi, indigesta, scagliata contro l'occhio dello spettatore borghese al fine di rimettere in discussione la sua concezione morale, urtarlo, colpirlo allo stomaco, attraverso scorci di amore saffico, incorniciato in dettagli di scandalosa sensualità, oppure con inquiete inquadrature di luoghi desolati, abbandonati, corrotti.
Questi luoghi così scelti, o forse meglio non-luoghi, angoli dove altrettanto dimenticati e inanimi giacciono corpi, sono proprio quelli che la cultura borghese ha scartato, rifiutato, in quanto contenitori di qualcosa di disturbante e inquieto, recipienti ancora saturi dello scandalo di quei corpi ivi lasciati, obliati, e quindi pertanto abbandonati per rifugiarsi nella sicurezza dei centri commerciali, delle villette a schiera, di luoghi sicuri dove non possa penetrare nessuna entità turbante, sconvolgentemente irrazionale, proprio come quelle aleggianti in questi quadri.
Questo distacco è caratterizzato anche dal frequente uso di soggetti la cui carica simbolica si è ormai esaurita, feti, forbici, oggetti presi in prestito da un immaginario grottesco e da esso stesso ormai usati e consumati fino all'inverosimile tanto da essere ormai divenuti banali; scevri ormai di ogni valenza, Poggi li recupera restituendogli nuova centralità, non più avvicinandoli a quella loro simbologia ormai perduta, ma rivitalizzandoli in quanto elementi provocatori ritorti proprio verso quel sistema comunicativo che li ha sgonfiati e abusati.
Analogamente questa dimensione simbolica, affiancata ad una sorta di ricerca del macabro, è certo
reperibile anche nell'uso degli insetti, come la cavalletta, e soprattutto il ragno e il millepiedi, veicoli di un alfabeto allegorico agito all'interno di una dimensione che raccoglie gli aspetti interiori della natura umana: troviamo così in questi quadri, visivamente e simbolicamente esplicitati, l'ipocrisia delle parole che strisciano fuori da una sinuosa bocca oppure la ragnatela che, come il dolore soffoca ogni genuinità dei sentimenti, rinchiude un inerme cuore offuscandolo e confondendolo fra i suoi scuri fili.

Matteo Boriassi

Matteo Boriassi (La Spezia, 1980) si laurea nel 2013 presso l'Università degli studi di Parma in Beni artistici, teatrali, cinematografici e dei nuovi media, con tesi dal titolo Interpretando Porcile: Pasolini e la figurazione del maiale (dalla scena allo schermo). Improntando il suo percorso nel considerare il mondo dell'arte e della cultura in tutte le sue declinazioni e sfumature, (dalle arti figurative, alla musica, allo spettacolo) comincia la sua formazione teatrale nel 2001 con il regista Toni Garbini ed il gruppo Teatro Ocra. Dal 2003 inizia un iter professionale con la compagnia sarzanese in qualità di attore, affiancando collaborazioni alla pedagogia teatrale, e arrivando, nel 2005, a partecipare alle semifinali del Premio Scenario e del Premio Dante Cappelletti.
 




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