sabato 13 aprile 2013

GIACOMO LINARI - Mostre a La Spezia



La figura di Giacomo Linari viene ricordata, nel centenario della nascita - l'artista è nato alla Spezia nel 1912 e alla Spezia è morto nel 1993 - con due mostre in contemporanea. Al LAS, lo spazio espositivo del Liceo Artistico in via Montepertico 1, inaugura giovedì 11 alle ore 18 la mostra Giacomo Linari e la pittura di paesaggio alla Spezia nella seconda metà del Novecento, a cura di Enrico Formica. 

Venerdì 19 alle 11 apre presso il Museo Diocesano della Spezia Il fuoco della fede – Dipinti di Giacomo Linari.
Il LAS propone dunque una mostra su un tema prediletto dagli artisti attivi alla Spezia nel secolo scorso: il paesaggio, e segnatamente il paesaggio marino. Accanto a diciannove lavori di Giacomo Linari vengono presentate opere analoghe dei paesaggisti attivi nello stesso periodo, di Linari amici e colleghi, :  Ercole Aprigliano, Giuseppe Caselli, Gino Bellani, Vincenzo Frunzo, Angelo  Prini, Carlo Giovannoni, Giuseppe Borella,  Pino Saturno. Le opere sono state generosamente prestate dalle famiglie degli artisti, dall'Istituzione ai Servizi culturali del Comune della Spezia e da collezionisti privati.
Al Museo Diocesano vengono presentati a cura di Valerio P. Cremolini e don Cesare Giani i dipinti a tematica religiosa, che nell'opera di Linari occupano un ruolo centrale. Si tratta di lavori potenti e drammatici, in cui la fede, come dice il titolo della mostra, è un “fuoco” che alimenta l'esistenza e aiuta ad affrontare il dolore sempre presente.
Le mostre sono accompagnate da un catalogo illustrato di 24 pagine con testi dei curatori e schede di Francesca Mariani.

Giacomo Linari e la pittura di paesaggio alla Spezia nella seconda metà del Novecento
LAS, via Montepertico 1, tel 0187510228
11 aprile – 11 maggio. Orari: dal martedì al sabato, 17,30 – 19,30.

Il fuoco della fede – Dipinti di Giacomo Linari
Museo Diocesano, via Prione 156, tel 0187258570
19 aprile – 31 maggio. Orari: giovedì 10-12,30, venerdì sabato e domenica 10-12,30 e 16-19.


Giacomo Linari e la pittura di paesaggio

Giacomo Linari
Questa mostra presenta una serie di paesaggi composti da Giacomo Linari tra il 1949 e il 1992, mettendoli a confronto con un florilegio di lavori sullo stesso tema composti da autori spezzini nello stesso periodo.
Per quanto riguarda Linari, va subito detto che i dipinti sono da leggere assieme a quelli di tematica religiosa presentati in contemporanea al  Museo Diocesano della Spezia, a cura di don Cesare Giani e Valerio P.Cremolini. Risulterà abbastanza evidente che la differenza dei soggetti è superata da un'ispirazione unitaria, in quanto anche i paesaggi sono in qualche modo 'religiosi'. La natura viene infatti investita di un afflato mistico che in ultima analisi ne stravolge i contorni, anche nei bozzetti più semplici e naturali. La disposizione cronologica mette in luce con chiarezza come già i lavori degli inizi, pur rispettando una rappresentazione naturalistica ‘fedele’ della realtà, siano innervati di umori terragni, di luci cupe, di colori accentuati e carichi. Successivamente, fin dagli anni Settanta, i contorni si sfumano e rinunciano progressivamente a descrivere luoghi precisi ed orizzonti aperti, per concentrarsi sul gioco delle onde, che nell’infinità delle possibili combinazioni consente l’espressione di una pura forza pittorica dalle ascendenze informali.
La natura di questi paesaggi è spirituale, ma siamo alle prese con una spiritualità infuocata, reale, mai trascendente e pura (e il discorso vale anche per i quadri religiosi).
La materia non contraddice l’anima, al contrario la sustanzia, le conferisce autenticità. Forme e colori tendono a realizzare l'immanenza dello spirito nella materia, sottolineandone la consistenza, la vitalità. La visione è sempre orizzontale o dall'alto in basso, non è il cielo il soggetto principale, ma è sempre mare che ribolle, costa che precipita, scontro di linee e di forze.
Non è un caso che Giovanni Testori, il grande studioso di pittura lombarda la cui religiosità era profondamente concreta e terrena, abbia avuto parole di apprezzamento per Linari. Il suo rapporto col mare, ravvicinato e intenso, è simile a quello intrattenuto con la montagna alpina dal pittore svizzero Willy Varlin,  tra gli artisti più amati da Testori.
Accanto ai lavori di Linari, presentiamo altri paesaggisti attivi nella stessa epoca. Con molti di loro i rapporti erano stretti: Giuseppe Caselli, infatti, ha lavorato nell’ampio studio che Linari aveva nello stesso palazzo di via Torino in cui abitava; Vincenzo Frunzo era un amico; Gino Bellani e Pietro Rosa gli rimasero vicini anche nel periodo finale. Un’altra artista, non identificabile semplicemente come ‘paesaggista’, con cui Linari condivideva molti punti di vista era Maria Questa.
Gli otto artisti spezzini che presentiamo declinano il tema, che di per sé offre possibilità infinite, con modalità meno dissimili di quanto potremmo aspettarci. Al di là degli stili di ciascuno di loro si coglie una speciale “aria di famiglia” che unisce le opere. Nella varietà di interpretazioni il dato comune – comune anche a Linari - è dato dal progressivo sfumare dei particolari verso un’espressione informale e indefinita della natura. La fedeltà ai luoghi si trasforma senza forzature in espressione di interiorità, in “paesaggio-stato d’animo”.
Questa tendenza è il riflesso di una tendenza nazionale ed è quindi prova di come i pittori spezzini fossero attenti osservatori dei linguaggi più innovativi dell’arte, anche grazie alle edizioni del Premio Nazionale di Pittura “Golfo della Spezia”, che si sono succedute dal 1949 al 1965 e che annoveravano la partecipazione dei pittori più affermati del Paese.
Il dibattito pittorico in quegli anni verteva appunto sulla possibilità di abbandonare la figurazione o quanto meno di filtrarne la rappresentazione secondo moduli stilizzati. Un’interpretazione ‘astratta’ del paesaggio si rileva, è ben noto, già in Cezanne, che sul tema rappresenta il termine di confronto ineliminabile per qualunque pittore ed in seguito in tutti quelli che grossolanamente vengono definiti post-cubisti.
Tra gli artisti che aderiscono in Italia ai movimenti più coinvolti in questi sviluppi (Corrente (1938-1945), Fronte Nuovo delle Arti (1946-1950) e Gruppo degli Otto  (1952)) ritroviamo sempre due figure che più di altre costituiscono un riferimento non trascurabile per i pittori spezzini. Essi sono Ennio Morlotti e, soprattutto, Renato Birolli.  Il primo da Bordighera, il secondo attraverso la sua lunga permanenza nelle Cinque Terre, hanno sicuramente esercitato un’influenza diretta sulla ricerca pittorica del nostro territorio, incoraggiando i vari protagonisti a sganciarsi da moduli più tradizionali. Le influenze sono remote sul più anziano Aprigliano e sul più isolato e refrattario Borella, ma sono dirette nel più “avanguardista” tra gli artisti in mostra, Giovannoni.Nei lavori dell’ultimo Linari e di Saturno, aboliti i contorni, il colore dilaga senza freni suggerendo il paesaggio per via puramente analogica. È dato, però, anche il percorso inverso: Frunzo e Prini scelgono in vecchiaia, dopo aver aderito all’informale, di tornare alla salda realtà delle cose.

Enrico Formica

Giacomo Linari : Cercare risposte

Giacomo Linari
 Ho avuto il piacere di addentrarmi in tempi diversi piuttosto in profondità nella ricerca pittorica di Giacomo Linari e sono convinto che nei dipinti a contenuto sacro desiderasse rivelare la sua genuina partecipazione ai temi trattati e la sua esperienza di credente. Che non fosse una persona superficiale lo si evince anche nelle pagine che ci ha lasciato, nelle quali affronta con approccio significativamente riflessivo la relazione fra l’arte e la fede. Due strade percorse facendosi portatore di una testimonianza per cui l’artista è chiamato a svelare, con le parole di Paolo VI, “una capacità prodigiosa di esprimere oltre l’umano autentico, il religioso, il divino, il cristiano”.
Ebbene, scorrendo i vari momenti che caratterizzano il vissuto artistico di Linari si deduce come egli attribuisse all’arte una valenza esistenziale, per cui i temi affrontati anche ripetitivamente, quali la veduta, l’amatissimo mare, il ritratto, l’immagine di Maria e il prediletto volto di Cristo, non rappresentavano mai qualcosa di scontato. Al contrario, venivano acquisiti dal pittore come passaggi fondamentali per affermare e consolidare la sua vocazione di uomo e di artista, che fronteggiava il processo formativo dell’opera con atteggiamento tutt’altro che abitudinario, manifestando una dimensione progettuale accompagnata da sincero entusiasmo.
Il pittore univa il cuore allo sguardo indirizzato verso i temi da dipingere, ponendosi l’obiettivo di sensibilizzare riflessioni non effimere, di stupire ed anche di stupirsi. Dell’arte sacra, che ha assorbito tanta parte della sua creatività, aveva, infatti, una concezione dinamica, per cui non giustificava la banalità, né, soprattutto, intendeva la pittura come soluzione esclusivamente tecnica. Sosteneva Linari che il compito dell’artista è anche quello di far na­scere dal profondo dell’anima la fe­de, la purezza e il “fuoco della fede” riprendendo il titolo della mostra, come significato e valore col­lettivo e sapeva, e mi affido alle accoglienti parole di Giorgio Mascherpa, che “la religiosità è un sentimento che alberga in tutti i cuori ed in maniera diversa, ma che fa parte della vita stessa, della nostra missione, della nostra quotidianità, ma anche della nostra umanità”.
Considero tuttora pertinente la mia analisi rivolta all’opera di Linari, che risale al 1993, immediatamente all’indomani della sua scomparsa. Scrivevo “che nei dolentissimi Volti di Cristo, mai sfiorati da eccessi espressivi, si nasconde un’umanità ferita ed emarginata”. Quella di Cristo sofferente è un’immagine di notevole importanza che ha avuto uno spazio significativo nei pensieri e nei sentimenti del pittore, attribuendovi una straordinaria capacità evocativa. Nelle sue commoventi sembianze Linari ha richiamato i molteplici disagi dell'esistenza umana, il cercare continuamente risposte, e “si é pubblicamen­te confessato perché il suo dire raggiungesse il nostro cuore e non si assopisse repentinamente”.
L’omaggio espositivo al Museo Diocesano, pressoché contestuale a quello allestito al Liceo Artistico, ci consegna il profilo di un artista scrupoloso e ricco di spiritualità e di cultura che con la sua pittura immersa nella storia dell’uomo ha raccolto diffusa stima, che oggi gli viene nuovamente riconosciuta.

Valerio P.Cremolini


              

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