sabato 15 dicembre 2012

GIOCO E SFIDA DI UN ARTISTA TOSCANO " IL NATALE DI OLLIMAC " del critico d'arte Giuseppe L. Coluccia.

                Camillo Ramagini, Massa 1960.
                “Ollimac”, in arte. Inversione del nome Camillo. Spirito di avventura, curiosità, destino: queste cose insieme hanno influito su Ramagini nella scelta della pittura naïf. Si porta dietro cultura italiana, solare classica e cultura francese; sappiamo che ha abbracciato un po’ per gioco un po’ per sfida lo stile naïf, dagli anni Ottanta a oggi. Pittore maturo, con una esperienza in cui si è potuto confrontare con gli indirizzi e le mode del tempo. La sua pittura è una espressione esistenziale, che non si lega alla forma di alcun maestro, ma approfondisce il canone della nuova corrente estetica, carica anche di pensiero. Dentro un involucro apparentemente elementare, direi grezzo, Camillo-Ollimac si è creato spazio inventivo e sfondo cromatico, in cui intesse un dialogo con la natura, col paesaggio toscano in particolare. Certo, i pittori che hanno scelto il naïf sono stati numerosi e hanno preceduto Ramagini con istinto, dispersi nella plebe, in atteggiamento indipendente e primitivo –vengono chiamati anche neoprimitivi per distinguerli dai primitivi tradizionali realisti, anche classici secondo alcuni critici che risalgono addirittura all’epoca umanistico-rinascimentale. Se ne parla ne La pittura dalle caverne ai nostri giorni (traduzione di Mario Andreose, 1961), i cui autori fanno risalire al Rinascimento gli stimoli adatti ma l' “arte  naïve” è rimasta qualcosa di artigianale, per alcuni estremamente semplice, goliardica, burlesca. Non siamo di questa opinione, se abbiamo lo specchio della pittura di Camillo Ramagini, il cui rapporto con la natura è fatto di percezioni visive nuove, di quadri solidamente costruiti e magnificamente dipinti.
                Ramagini, se ancora c’è bisogno di identificarlo, appartiene alla schiera dei pittori autonomi, aschematici. E alcuni sono perfino autodidatti. Una notazione frettolosa è quella che vorrebbe collocarli o relegarli nel modo infantile, nell’irrazionale, nel folclore. Il pittore Ramagini è dunque proteso a ricercare lo “stato di natura”, come vogliono gli illuministi, ma anche i decadenti e i simbolisti. Come parecchi sanno, in Paul Gauguin si è realizzata questa ricerca  di un modello di cultura che fosse alternativo a quello europeo. Camillo conosce la esperienza di Henri Rousseau (1844-1910), naïf, che inserito nell’avanguardia parigina e internazionale ha creato opere che hanno attratto pittori cubisti  e impressionisti alla fine dell’Ottocento e inizio Novecento. Il paesaggio di Camillo come nella pittura di Rousseau, è visione della natura e raffigura “ciò che è, ciò che dura, ciò che si lascia misurare, toccare, plasmare”: E' studio della natura, da cui egli trae forza immaginativa e sentimento, come avviene in momenti contemplativi ed estatici, tanto più se sono  “selvaggi”. Se lo sguardo cade sui paesaggi – riportati anche su Internet – osserviamo la “natura” del pittore, dolce a tratti, rupestre, collinosa ma pure solare, azzurra, verdeggiante. Sembra che il pittore voglia estrarre dalle sue viscere armonia segreta, simmetrie reali e immaginate, presenze arboree e monumenti che vogliono collegare la visione alla storia umana, ma è soprattutto il colore la energia di questi momenti ispirativi, ingenui, in un gioco di rapporti semplici e di pose studiate, come avviene in un girotondo di fanciulli. E' sempre il colore che attrae l'attenzione dell'artista, che vi coglie vigore, definizione, cura quasi minuziosa. Credo che davanti alle opere di Ramagini occorre farsi piccoli e curiosi come lui, come fanciulli, per adire nel suo mondo favoloso, e lasciarsi condurre dal sogno verso un mondo diverso, il mondo ideale, che entra ed esce dai pensieri semplici e puliti della fanciullezza. Camillo parla di incanto, di serenità, di limpidezza di visione. Angelo Tonelli descrive certi sfondi naturali e naturalistici di Ramagini, di scorci agresti, di vendemmie, di nevicate, di raccoglimento e di contemplazione. In tutti questi anni che sono decenni, l'artista massese che ha conosciuto una parte di Europa, ha esteso la sua visione all'Italia, con spirito allegro e con senso umoristico, cui l'arte naïf è stata una scelta indovinata, e una visione anche metafisica del messaggio. E mi basterebbe ora commentare il dipinto sulla locandina: Il Natale di Ollimac.  Presepio e poesia visiva, densa di dettaglio. Linee, colori, purezza di immagini, prospettiva. La natura osservata da Camillo è un incanto: neve sui colli, neve sugli alberi, candore e splendore agli occhi che vedono, al cuore che ama. Lo stile naïf di cui Ramagini è maestro respira su tutto il paesaggio nevoso e si anima di liete allusioni. I colori sono tenui – rosa, celeste, bianco, rosso, e levità di violetto – rendono bene la visione nel tempo, in questo nostro inverno (carico di tensioni e segnato dalla crisi). E c'è a badarci bene, la presenza umana, in basso verso sinistra, in rosso e blù. Quasi voce, la sua, di un augurio rivolto a noi tutti. Grazie, Camillo. Te ne ricambiamo.

G.Luigi Coluccia
San Terenzo-Sala Cargià, 15 dicembre 2012


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