sabato 1 settembre 2012

" LA MISURA DELL'AMORE " di Ezia Di Capua: Recensione di Luigi Leonardi

Leggendo  La Misura dell’Amore “ di Ezia Di Capua, dedicato alla madre Carla Gallerini, mi appare subito una figura d’incontenibile attività, da farmi venire alla mente quel “verum ipsum factum” attraverso il quale si cerca, si vuole la propria vita determinata da se stessi.
A mantenere la memoria dell’uomo – a parte la famiglia – è la sua opera, ovvero quella specie di immortalità che lo ricorda per ciò che ha fatto. Il personaggio eclettico di Carla ne è un esempio.
Molte sono le cose su cui riflettere di questo testo, rilegato da un’estetica diaristica a tratti naturalistica con buon uso ed eleganza del periodo.. tra queste, per primo, mi piace soffermarmi su una frase. La frase è riportata a pag. 98, e fà parte del capitolo “Carla e il mondo delle idee”. Viene subito da pensare all’iperuranio platonico, ma non è proprio così.. comunque la frase è questa: “Plasmare un’idea, rilascia un’impressione che sa di onnipotenza.” E’ interessante l’uso del verbo “plasmare”: significa modellare. Ora, si modella ciò che già esiste, quindi ci si impegna in una produzione – poièsis – non si crea dal nulla: si dà forma nuova a ciò che già esiste. E si associa al termine “onnipotenza”. Nella Genesi è usato un po’ impropriamente il verbo creare, sia come significato che come tempo; tuttavia nella frase successiva: “.. la terra era informe e deserta..”, quindi già esisteva. In questo caso è l’uomo, o meglio Carla, che modella l’idea secondo il proprio gusto, la sua personale visione delle cose. E’ lei che ne determina la forma.

In una sfera più immanente, già dalla prima pagina l’autrice colloca bene la figura della madre nel suo contesto sociale e storico. Ci sono subito, e puntuali successivamente, i riferimenti di un mondo scomparso, attraverso i quali un lettore di giovane memoria può essere stimolato nella sua eventuale curiosità. Viene fuori il caso dell’emigrazione, che particolarmente in Italia ha rappresentato la sopravvivenza; il caso della “febbre spagnola”, una tragedia di portata mondiale con i suoi circa venti milioni di morti, il doppio rispetto alla prima guerra mondiale; la partecipazione totale della gente di paese ad ogni significativo evento riguardante ognuno dei paesani, e poi il fascismo, la politica, la guerra, e dopo ancora, e a ogni periodo storico Carla troverà il suo modus vivendi.

Scrivere questo libro per Ezia non era solo una promessa: era un atto d’amore. Un amore che cerca in tutti i modi di scrutare la persona amata.
Fino a un certo punto del libro la figlia racconta di una donna ben conosciuta, che insieme a lei viaggia, quasi inseparabilmente. Poi sembra trovare una specie di inquietudine. Un dubbio, una barriera psichica. E’ la parte ignota, quello che un figlio non può scoprire. Una zona d’ombra, come vietata.

“ Forse perché la tua fisionomia interiore l’hai resa sempre un po’ enigmatica. “

Davanti a un mistero, cercando di penetrarlo, si è impauriti e allo stesso tempo sedotti. Il mutare delle cose, il divenire perpetuo ci porta a considerare la vita mai giunta a compimento. E’ il nostro oscuro, ineluttabile de-stino.

“ Comunque, in realtà, lo so per certo, non hai mai pensato che la tua vita sarebbe finita veramente.. “

Per questo, soddisfatto un desiderio, dopo i primi momenti di felicità, c’è quella strana, particolare sensazione di vuoto che subito ti precipita verso nuove idee, nuove aspirazioni. E’ il sapore dell’attesa, il “plasmare” mentalmente l’idea, proiettarne una visione realistica; il fatto stesso di pensarla è già un piacere, - pensare e essere è un binomio indissolubile – e nell’attesa, in nuce, nel lavoro, si ha l’effettiva realizzazione di se stessi: quello che i greci chiamavano entelechia.

“Alla fine, dopo tanto narrare si affrettava ad aggiungere che avrebbe “subito, subito” iniziato a realizzare un’altra cosa.

Per Carla il tempo, tutto il tempo non sarebbe bastato. Pareva fosse un animale selvaggio, e lei sicuramente era conscia di non poterlo domare. Il tempo. Il nostro padrone. Così lo descrive in una sua poesia Paolo Bertolani: “ Cane di un tempo che non riesco a tenerti alla catena. “
Carla lottava con quel “cane”, per la sua natura di “pasionaria”, per la sua vitalità.

“ Pareva, questa voglia di fare, fosse il suo modo di afferrare il Tempo, di imbrigliarlo nelle sue trame.. “

Nel suo libro Ezia è precisa, attenta a non dimenticare i particolari, quasi la presenza della madre incombesse. E’ per rispetto, soprattutto per amore.
Così parla delle sue attività, della sua insaziabile sete di nuovo, di ricerca.. una sete inestinguibile da bere l’infinito. Carla non si concede tregua: dal carnevale al presepe, dall’università della terza età alla pesca, dall’ambiente alle necessità dei bambini, dei giovani, degli anziani, dei portatori di handicap.. e parla del garage.
Il garage di Carla è un problema di spazio. Spazio e tempo, due animali indomabili.
E’ scandagliando un garage che a volte si scopre l’intimità di una persona.
La gran quantità di oggetti accumulati ci può rivelare le sue passioni, i suoi sentimenti, i suoi segreti, i suoi dolori. E’ come entrare nel labirinto dell’anima; ti ci puoi perdere tra quegli oggetti, scoprendone contraddizioni, magari dopo aver creduto di possedere il filo di Arianna per quel labirinto.

“ Avevi più volte ribadito che quelle foto le avevi buttate via, stracciate con il tuo passato.. Ma non era vero. “

Ti ci puoi perdere, o respirare la cocente delusione inutilmente rimossa di tua madre.. perderti, o trovare la verità.

“ Comprendo ora meglio tante, tante cose. “

Quell’impalpabile zona d’imperscrutabile. Ezia lo sa che nel fondo degli abissi non si può vedere. Lo sente, lo intuisce. Sente lo sguardo di sua madre, cerca di leggere in certe sue espressioni. Cerca il centro, il punto più buio, la confidenza estrema, ma nessuno ha gli infrarossi di un dio.

“ Chissà che cosa domandava mamma al suo mare e quali risposte cercasse.. Al mare poteva confidare tutto.. Il mare era il suo complice quotidiano. “

Di certo questo è un libro che trascina con sé mille ricordi, mille lacrime e mille consolazioni.  E’ la storia dell’uomo, in questo caso una donna più che mai viva, che lotta per non naufragare, per sfuggire al tedio, per agguantare il suo senso di vita. La sua ragione di esistere. Una donna dalle mille idee, che ha vestito i suoi giorni di seta e di pietre.

 Luigi  Leonardi

 Luigi Leonardi tra i fondatori e redattori della rivista milanese di cultura  MALVAGIA, nata nel 1981 con l'appoggio di C.Cassola;
( poesie e brevi racconti )pubblicazioni: Il sogno di un altro (racconti)-  La brina sulla pelle (romanzo)- Dentro lo stige (romanzo)
 Libertà van cercando (saggistica/narrativa) Il segreto antico di Beppe il maniscalco (romanzo)
 I vermi e le rose (saggistica/narrativa - coautore Prof. G.Azzolina )- Epurazioni (narrativa storica)
Spettacoli teatrali di prosa, musica, canto - inediti e rappresentati;
pubblicazione di album cd "Sfumature" - autore dei testi per l'interpretazione di Lucia Marchi;
presentazione e prefazioni di poeti e pittori, tra cui R.Cavaliere, G.Dagna, W.Lazzaro, G.L.Coluccia..

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