domenica 17 giugno 2012

RAFFAELE CAVALIERE: l'essenza della filosofia prima


C’è un dipinto, fra i tanti di Raffaele Cavaliere, dal titolo “Portovenere” che nella sua pulizia d’immagine, dai toni caldi ma equilibrati da ombre e riflessi, segnala un suo bisogno interiore di distacco. Attenzione, Cavaliere è un artista, non un uomo solitario, anzi, ma in questo dipinto, come in altri dello stesso stile, ci raggiunge la sua poesia: un lirismo coinvolgente i suoi sentimenti con una natura ridotta all’essenziale, come scaturito da un latente desiderio espresso attraverso il silenzio delle immagini.

E’ forse inquietudine di raggiungere una dimensione ideale? Prendiamo altre due opere: “ Campagna toscana” e “Castello di Santerenzo”; come anche nel sopraccitato “Portovenere” appaiono alla base del quadro mele e vasi. Sono simboli? Quello è il vaso di Pandora? Quelle sono il frutto della discordia? Non importa tanto saperlo, quanto prendere atto dell’inquietudine provocata nello spettatore di fronte a questi oggetti noti e misteriosi al tempo stesso.

Ecco, interrogando l’autore, il medesimo mi mette a parte di un suo bisogno di raggiungere una sintesi emotiva, e quindi la sua vorrebbe essere una produzione di emotività, dove le forme sono un pretesto per riempirle di colore, e dove dunque il colore è emozione.

Ma l’arte inconsapevolmente va oltre. Il pittore se la ritrova come intuizione. E’ che questi dipinti danno la sensazione di un puro silenzio, un silenzio che si può rappresentare. Ed è a questo proposito che cito un’altra tela di Cavaliere: “Omaggio a Walter Lazzaro”, quel Walter Lazzaro definito il pittore del silenzio. Ora, a differenza di Lazzaro, Raffaele definisce i contorni, modella armoniosamente le figure, ma anche nel suo caso la realtà non viene percepita a livello sensibile, bensì avvertita come in una specie di memoria onirica.
E’ quasi un superamento del piano fisico, una dimensione surreale/metafisica, dove per metafisica intendo la filosofia prima, ovvero la scienza che studia le cose in quanto cose e ha per oggetto i principi immutabili ed eterni. Per ciò dico che questa pittura coglie l’essenzialità, anzi l’essenza delle cose nel loro stato di religioso mistero, e l’uso dei toni per la maggior parte caldi, scovando emozioni nelle zone sconosciute dell’anima, regala un senso di benefica rilassatezza.
Cavaliere coglie quindi l’essenza, attraverso quel velo diafano con il quale ci mostra la sua arte, un velo come a protezione degli eventuali attacchi della mondanità.
E’ il suo un surrealismo atto a produrre “ un grado di realtà superiore” mediante il reale funzionamento del pensiero. Raffaele si tiene libero e concilia le forme della sua realtà secondo un’armonia di sogno e veglia, penetrando quindi al di là dei nostri sensi.
Un dualismo. Un dualismo che vede il superamento del piano fisico di pari passo con le leggi della materia.
Con questo suo comportamento stilistico, l’artista mi porta a quell’antica riflessione sul senso greco del divenire. Un passaggio dall’”essere” al “non essere”, o meglio e più razionalmente, il continuo movimento degli atomi nel loro eterno rapporto con il vuoto: un equilibrio di atomi e vuoto caro a Democrito.

Simulazioni
Quello che presenta Raffaele a Montignoso è una sorta di grafica basata sugli scacchi, usando come strumenti pennarelli e matite colorate.
Quella degli scacchi è una simbologia di contrasti, una partita che viene giocata – in questo caso artistica – attraverso i colori, e con una tecnica che potremo anche definire “divisionismo”.
R.Cavaliere non mette in conto quello che può esprimere la sua opera, se non altro da un punto di vista concettuale. La sua è una volontà estetica decorativa; una volontà non ragionata, semplicemente istintiva, come già la maggior parte delle sue opere. Ciò che suscita nello spettatore è alieno dalla sua volontà. Qui l’artista cerca di riprodurre sensazioni personali, magari scaturite da immagini di suoi pensieri. La sua creatività, il suo “io”, si manifestano mediante intuizioni, senza progetti finali.
La simulazione della realtà, in questo caso, è rappresentata appunto dal suo “tirar fuori”, dalla sua intuizione squisitamente estetica.
Se vogliamo ci possiamo trovare un bisogno di “volontà di libertà”, un desiderio di pura spontaneità e di emozione che nasce dal colore.
Io posso dire comunque di una ricerca di identità attraverso la conciliazione degli opposti – gli scacchi -.
E’ la ricerca di un equilibrio tra le due forze: negativa e positiva, in un continuo divenire nella maggior libertà possibile. E di libertà si può paradossalmente parlare solo nell’arte.


Luigi Leonardi


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