mercoledì 12 ottobre 2011

STEFANIA GAMBARDELLA - SCULTORE

Stefania Gambardella, scultore.
L’abbiamo conosciuta qualche anno fa (nella mostra a Sarzana, del 2008), con sculture e rilievi che ben rappresentano le capacità tecniche e professionali dell’artista, fiorentina di nascita, formatasi in ambienti aperti alla cultura artistica e allo scambio culturale. La Firenze dell’arte imprime una immagine di classicità su Stefania; tra le sue sculture è da osservare Lamento su Cristo morto, dono da lei fatto a Giovanni Paolo II nel 1986 in occasione della visita apostolica nella città di Firenze. Le vetrate policrome di Santa Maria Riparatrice sono decorate da Stefania a Firenze negli anni ’90. E’ un periodo di invenzioni felici per Stefania che realizza un trompe- d’oeil e un “rilievo” in terracotta.
Conosce l’arte della formatura quasi nel medesimo periodo. Presso la scuola di “Iconografia Sacra” è docente di “scultura in terracotta”, “cemento fuso”, “formatura” e con l’avvento del nuovo Millennio Gambardella si dedica alla scultura in terracotta (basso e alto rilievo, e tutto tondo). Faccio notare l’attività di questo anno, perché ha rapporto con la scultura che stasera presentiamo. La “Madonna dell’Arena”, è una sua scultura donata alla Chiesa di San Terenzo del 2007, alla presenza del nostro vescovo Francesco Moraglia.
Nell’attività più recente, di Gambardella scultore, prevalgono rilievi a tutto tondo in terracotta, ma la esperienza plastica si estende agli esterni e agli interni delle chiese, a vetrate e rilievi, su cui poggiano ariose ambizioni architettoniche.
Vive e lavora a San Terenzo di Lerici, con la famiglia.
Mostre e collettive di Stefania periodicamente approdano in Lunigiana.
D’anima e istinto fiorentini, l’artista scultore davanti allo sguardo ha i maestri del Quattrocento e del Rinascimento; la scultura antica e classica entra nel suo lavoro creativo, che di preferenza volge al  sacro e al religioso la sua ideazione. Nella cultura occidentale, i grandi misteri del cristianesimo (nascita di Cristo, vita pubblica, passione e morte, resurrezione, ascensione, pentecoste) sono sorgente di ispirazione continua. Si evocano i grandi artefici Antelami, Nicola e Giovanni Pisano, Donatello, il versatile Michelangelo, il nostro Cascella, gloria di Lunigiana. Dovunque vada il nostro sguardo, dal paganesimo al cristianesimo, all’Oriente, l’arte sacra è presente e operante. I monumenti, i rilievi non tolgono nulla alla iconografia, sembra anzi che arti plastiche e pittura si ricerchino con intensità.  
                     
cd

“Il sacrificio di Cristo prefigurato in San Giovanni Battista ”.
La prefigurazione ha rapporto stretto con la storia della passione di Cristo, con la Crocifissione. E’una pala d’altare, pensata da don Piero Corsi, per la sua chiesa parrocchiale di Pozzuolo, e realizzata in stupendo rilievo da Gambardella. Ideazione ed esecuzione combinate insieme nella scultura che inauguriamo, alla presenza del vescovo Francesco Moraglia. In questa chiesa-cappella del Senatore Bibolini, che nel 1955, la donava alla Diocesi e alla Comunità dei fedeli di Pozzuolo, si compie l’evento artistico di Gambardella. Bisogna precisare due cose: titolare della Chiesa è San Pietro Apostolo, patrono San Giovanni Battista, con due date memorabili il 20 giugno 1955 per la bolla di erezione a parrocchia, e il 23 novembre per il decreto di riconoscimento civile.
Siamo di fronte a un rilievo, a una scultura, che palesa già la raffinatezza e la maturità di Stefania.
Dicevo della ideazione e della esecuzione, di don Pietro e di Gambardella: i due aspetti si fondono insieme in un rilievo che sembra già opera maggiore,  forse il suo capolavoro.
Osserviamolo da vicino, per parti, nelle scene del rilievo in perfetto equilibrio spaziale: ne siamo conquistati, forse travolti dalla bellezza delle forme plastiche, dall’armonia compositiva che fluisce in musiche dolci e malinconiche, per risolversi nel dramma della crocifissione. Le misure sono 1,95 per 180: sembra l’architettura di un emiciclo teatrale, gli episodi sono selezionati in tre momenti:
a) l’idillio delle cugine Maria ed Elisabetta, e i bimbi Gesù e Giovanni. Scena abbastanza originale, anche se nella storia dell’arte è spesso ripresa. E’ già un rilievo completo, espressivo, che denota una frequentazione tra le due madri e i bimbi: le forme hanno la morbidezza della fisicità, la linea tonda rilevante rappresenta le teste dei quattro personaggi, disposti con naturalezza. Intimità di donne, innocenza di bimbi.
b) Spostiamoci ora a destra della pala.
Giovanni il Battista versa sul capo di Gesù l’acqua battesimale. Il rilievo ha la staticità e solidità delle colonne: i due personaggi quasi si fondono insieme. L’uno si serve dell’acqua, l’altro è umilmente compreso del rito che gli apre la via alla missione pubblica, al calvario: “Io battezzo con l’acqua”, ma “Gesù battezza in spirito e verità”. Le forme esprimono una delicatezza che ha la levità dell’aria, del vento.
c) E ora contempliamo il cuore di questa storia della passione: Gesù è crocifisso, è morente; ai suoi piedi stanno, a sinistra Maria di Magdala che vuole abbracciare tutto l’uomo crocifisso, a destra Maria madre desolata di Cristo, infine Giovanni, il discepolo che Gesù amava di più. Colpisce nella struttura della crocifissione l’essenzialità plastica, la luminosità interna dall’alto in basso, la gestualità della figure che non appesantiscono il dramma, ma sono irradiate dalla luce del mistero redentore che si compie. Per Gesù è dolore, per gli umani liberazione, risurrezione. Bella la nota dell’artista: “Ho voluto concentrare l’attenzione e la riflessione sull’appassionata e dolente figura della Maddalena, perché nella sua vicenda di peccato e redenzione si possa meglio vedere riflessa la nostra misera condizione umana”.
A secondo della luce e dell’ombra, e della loro distribuzione, questa storia della Crocifissione passa dalla cupezza e tristezza alla morbidezza fisica dell’aria, del vento. Forse vi alita qualcosa che chiamiamo spirito.

cd

Le note premesse sull’arte di Stefania meritano qualche confronto coi maestri scultori della classicità, romanico e gotico-medioevale, per intenderci. Mi viene il nome di Benedetto Antelami, scultore e architetto dopo il Mille. Nella produzione tanto estesa, dell’Antelami, c’è la Deposizione, (1178) custodita nel Duomo di Parma. Anche se la pala di Stefania è in terracotta, quella di Antelami è in pietra rosa, c’è tra gli artisti, l’uno remoto e con remoti valori, l’altra contemporanea, con valori attuali, c’è una sorprendente rispondenza emozionale, estetica. Il forte realismo del rilievo si articola ai volumi sapientemente distribuiti nello spazio, con una verticalità che evoca una tendenza plastica gotica, con ritmo perciò ascensionale, con moto interno leggiadro e con una levità che si racconta da sé, e appartiene all’immaginario cristiano del mistero della redenzione. Questo rilievo di Stefania, insomma, propone una rappresentazione drammatica scultorea della storia della Crocifissione, ma nello stesso tempo eleva una sua personale concezione architettonica, come l’Antelami. E siamo alla conclusione di una esperienza del sacro, delicata e interiore, eloquente e semplice, e trasparente – e in questo si sono incontrate le persone, protagonisti di un capolavoro, nel suggerimento teologico di don Pietro Corsi, e nella cultura di Gambardella, artista che ha elaborato il maturo rilievo.


Prof Giuseppe Luigi Coluccia

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